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Si è tenuta in questi giorni la seconda edizione di “Piccola impresa grande futuro”, progetto creato da Confartigianato che ha l’obiettivo di favorire il confronto tra giovani neoassunti dalle imprese del territorio e gli allievi delle scuole che in futuro lavoreranno come dipendenti o apriranno la propria azienda.

Per la scuola Pescarini, il progetto si è articolato in due incontri, uno alla sede di Ravenna e uno alla sede di Faenza, a cui hanno partecipato circa cento allievi dei corsi per Operatore Meccatronico dell’autoriparazione, Operatore degli impianti termo-idraulici e Operatore degli impianti elettrici.

All’incontro di Ravenna sono intervenuti Stefano Venturi di Confartigianato, Alex Timoncini per Nta e Luca Barboni per Car Fibreglass, accompagnati dai loro giovani collaboratori Alden Saliu e Mattia Amadori, che hanno raccontato ai ragazzi la propria esperienza nelle rispettive aziende. “Pensavo inizialmente di non essere in grado – ha dichiarato Mattia Amadori -.Quando questo succede, l’importante è provarci comunque. Iniziare a lavorare ti forma tanto quanto lo studio e ti incentiva a dare il meglio di te, anche e soprattutto quando le aziende si accorgono del tuo valore e ti gratificano a livello remunerativo”.

“Cercate di partire con il piede giusto nei rapporti con i colleghi – ha continuato Alden Saliu – adesso lavoro come elettricista ma anch’io, alla vostra età, ho frequentato proprio la Pescarini e credevo di saper fare già tutto. Invece, una volta che ho cominciato a lavorare ho capito che non era così. Ponetevi con rispetto nei confronti dei vostri superiori e dei vostri colleghi perché avete ancora tutto da imparare e anche perché il lavoro vi serve”.

All’incontro di Faenza sono intervenuti Umberto Campalmonti di Confartigianato della Romagna Faentina, Matteo Malavolti di Tif, con il suo collaboratore Marco Ferri, e Danilo Neri del Mollificio Padano, accompagnato dal suo collaboratore Christian Ricci. Durante l’incontro è stato dedicato spazio per parlare delle paure che i ragazzi possono avere pensando al lavoro e al proprio futuro, come la paura di fallire, di non essere all’altezza o di non essere pagato. “Io ho fatto la mia prima esperienza di stage – è intervenuto Oussama, un allievo – e con i miei colleghi mi sono trovato molto bene: all’inizio avevo molta paura perché non sapevo parlare bene l’italiano, ma loro con me hanno avuto molta pazienza e mi hanno sempre aiutato”. “Sfatiamo il mito che non bisogna avere paura, anzi. La paura, nel lavoro, serve – ha detto Marco Ferri agli studenti – perché ti fa riflettere prima di agire. Quando hai in mano sostanze che, ad esempio, possono esplodere e provocare un incendio, la mancanza di paura può portarti ad agire in modo impulsivo e provocare danni”.

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